La nostra seconda giornata a Vienna è iniziata all’insegna della terapia: siamo infatti stati al museo dello zio Sigmund, da tutti conosciuto come Freud, il padre della psicoanalisi. Nell’appartamento dove ha vissuto per più di 40 anni, cioè fino a quando ha dovuto pagare 1/3 del suo patrimonio al governo nazista per poter scappare a Londra, è stato ricreato il suo studio con tanto di scrivania e sala d’aspetto. Quello che ne emerge è che il primo ad aver bisogno di terapia fosse lui: staccanovista, fumava sigari a non finire, aveva testato la cocaina riconoscendole effetti rilassanti, era un collezionista di antichità come orribili minibusti romani ed egizi…. insomma, un po’ strano, come tutti i genii del resto!
Lasciato il suo studio abbiamo fatto quattro passi tra gli edifici politici di Vienna, parlamento, municipio e simili, per poi avventurarci nel Museum Quartier, dove si trovano i musei d’arte. Abbiamo deciso di vedere solo il Leopold, una collezione di quadri dell’espressionismo e del ‘900 austriaco. Carina la parte dedicata a Klimt, ma per il resto non ci ha entusiasmato.
Per pranzo abbiamo deciso di provare la Schnitzel, cotoletta alla viennese che sa di Madunina. Non è dato sapere se la cotoletta sia stata inventata a Milano o a Vienna, fatto sta che nelle due città la carne impannata con patatine è il piatto tipico per eccellenza. La differenza? A Milano, capitale della moda, le porzioni sono da modella che deve restare a dieta, mentre a Vienna le porzioni sono da generale Radetzky: mangia come se non ci fosse un domani!

Dopo pranzo Stefano si è convinto a portarmi per negozi dicendo: “compra tutto quello che riesci!”. Peccato che in Austria la domenica è tutto chiuso, anche le farmacie, e, a parte qualche venditore di cibo alle stazioni della metro, sembra di essere in un’altra dimensione, il paradiso delle commesse insomma: sabato si chiude alle 18 e la domenica tutti a casa, altro che Orio center!
Siamo quindi tornati in ostello a fare pubblic relation con le jappo-chino-coreane, tre ragazze della sud corea che tutti scambiano per cinesi o giapponesi, e una coppia di napoletani che ci hanno raccontato di aver comprato appositamente dei maglioni per venire a vienna, perché in genere non hanno maglioni di lana nell’armadio…
La sera siamo usciti a bere qualcosa, o meglio, a cercare di bere qualcosa dato che abbiamo passeggiato per circa un’ora non trovando nulla. All’alba delle 11,30 siamo entrati al centimeter, un pub che offre birra e panini, venduti al centimetro per l’appunto. Ci hanno chiesto se volevamo un posto fumatori o non, e quando abbiamo risposto “non fumatori” ci hanno accompagnato in una piccola sala isolata con pannelli di vetro dove non si fumava. Questa si chiama segregazione!
Dopo aver bevuto qualcosa in fretta e furia, il locale infatti chiudeva alle 12, siamo rientrati in ostello dove la Marylen Streepen – la Maryl Streep austriaca che gestisce il nostro hostel- ci ha spiegato che è normale che non abbiamo trovato un bar aperto. In realtà sono tutti aperti, ma non hanno vetrine e naturalmente non hanno insegna! Eh bè!

